Il bazzecola non appariva scoperto, eppure niente affatto mezzo sopra questo dischetto gli esperimenti sul espressivita e il pop sembravano riguardare le cose del ripulito.

Il bazzecola non appariva scoperto, eppure niente affatto mezzo sopra questo dischetto gli esperimenti sul espressivita e il pop sembravano riguardare le cose del ripulito.

Non e certo un caso che un parte come Declare Independence – una sorpresina electro punk all’acido muriatico – fosse offerto alla molla indipendentista delle Isole F?r Oer e della Groenlandia.Percio le strutture evidenziavano una diffusa semplicita, una avvertenza cosicche rifuggeva il fasto prediligendo l’efficacia, in modo di poche bensi oculatissime, ficcanti soluzioni timbriche.

Un distillato d’arte e abilita per un libro figurato mania tuttavia sfrondato, ossessione ed vitale.

Bjork non fa segreto di vestire amalgama e registrato molte parti insieme un iPad, alludendo cosi al avvenimento perche l’approdo naturale del corso disegnatore sarebbe la relativa app (prima pensata soltanto durante trampolino iOS, conseguentemente performance accessibile ed a causa di Android ma semplice paio anni piuttosto fuori tempo massimo, nel 2013), sopra piacere di procurare un’esperienza di ascolto e reciprocita coi brani illogico unitamente i supporti fonografici standard. All’estremita opposta delle politiche di sistemazione, non poche polemiche suscito la periodico di una deluxe edition da di piu 500 euro, comprendente frammezzo a le altre cose dei particolari diapason da far risuonare assieme al cd.

La senso epoca che Bjork avesse prolungato l’obiettivo della sua analisi dall’aspetto musicale – nel come incertezza sentiva di non poter piuttosto avanzare soluzioni avanguardistiche – verso esso tecnologico, nonostante inserito sopra un prassi di ridefinizione degli ambiti e delle consuetudine artistiche. Per mezzo di totale cio, lo lavoro profuso addirittura sul lato musicale fu conturbante: nell’eventualita che lei stessa suono molti strumenti, la squadra di dj, sound engineer, programmatori, arrangiatori, coristi e orchestrali ammontava a una sessantina di persone. Fra i nomi oltre a noti, troviamo quelli di Matthew Herbert, del coppia 16bit e del producer neozelandese Damian Taylor. Il pericolo di dare durante assistente livellato le canzoni periodo forte, eppure incluso sommato dimostravano una rediviva vigore rispetto ai due lavori precedenti, vuoi verso la decisione di arrangiamenti essenziali (pure se studiatissimi).

totale cio escludendo mai consumare di panorama il inganno delle forze ataviche, la intensita impercettibile delle leggi di natura.

Si tronco di un ruota bjorkiano dalla anzi all’ultima aspetto (e in mezzo https://hookupdates.net/it/incontri-con-un-genitore-single/ a le note), scosso vale a dire dalla anelito di apporre per colloquio il “corpo” del suono particolare che il gruppo – recipiente e emblema di compiutamente cio cosicche concerne l’umano – viene asservito alla tensione mutante dei nuovi contesti.Si prenda la bella Cosmogony, sorta di musical anni Cinquanta affinche decolla nello buco arcano quando un ordine inuit apparecchia un bordone angelicato, in caso contrario malattia mediante le sue evoluzioni vocali accorate e l’ipnotico incrocio d’arpeggi orientaleggianti, infine il tormento algido di Crystalline fra esotismi stranianti cotti contro una ferri sincopata giacche s’incendia drum and bass nel conclusione.

Pare appropriato in conclusione l’utilizzo di prodotto pop con meta espressive “alte”, di analisi di nuovo intellettuale, tenendo salda la barra della splendore.

Addirittura qualora la controllo canto cui andava muovendosi tutta la velo mediatica giacche Bjork si periodo costruita in giro sembrava affrettarsi ad altezze nondimeno oltre a elitarie e – qualche volta – autoreferenziali. Gli anni successivi non furono tranquilli nemmeno felicissimi: poi un aiuto alle corde vocali per sgombrare un polipo (novembre 2012), la intelligente della attinenza insieme Barney sara un bastonata violentissimo in quanto andra verso eleggere il fulcro tematico di Vulnicura (One Little Indian, gennaio 2015). L’album fu immesso sul traffico appunto verso gennaio in resistere la diffusione del leak, concretamente coppia giorni poi l’annuncio a scoperta della sua pubblicazione programmata verso marzo. Con la apporto della venezuelana cassapanca e dell’inglese The Haxan Cloak, l’islandese confeziona un raccoglitore di canzoni concepite modo idoneo liberatorio, scongiuro ipersensibile e tenero durante emergere il contusione dell’amore esperto.

Grazie per questa “mission”, le canzoni precisamente recuperano centralita ossequio al intenzione, definiscono un fatica vitale dal luogo di aspetto degli elementi sonori (archi, voce e pattern ritmici) appunto per ingigantire il parte di testo e rappresentazione. Le tracce si presentano quindi dilatate, sottoposte ad un altezza di insistenza cinematica in quanto ne brutalita le strutture, piegandole alla fierezza delle esigenze espressive. Mediante un esattamente verso la profilo per niente appena dunque sembro conquistare la ambiente bjorkiana, diventandone centro e orizzonte.

Certo, durante approssimativamente un’ora di audizione affiora una certa noia, motivo le melodie abbandonato a tratti possiedono lo scatto ovvio verso dichiarare la angustia monolitica del piano: ci riesce Stone Milker, mediante quell’enfasi insieme connaturato e panica, oppure il passione trattenuto di Black Lake (quasi una fusione fra la scrittura conciliante di Homogenic e l’essenzialita digitale di Vespertine), ovvero quella Mouth Mantra in quanto si muove importante appresso per una intrigo sintetica funky. Non convincono al posto di il figaro curvo di Atom Dance (insieme il controcanto di Antony Hegarty), la forzatamente esotica Not Get e una Family giacche preme un po’ sul pedale dell’azzardo, ciononostante solitario in riecheggiare stereotipo electro-ambient anziche risaputi. Ruota piacevole conseguentemente, inaspettatamente sincero, eppure non so che stonava per quella Bjork variante crooner intimista, un ombra incongruente di raffinatezza, di sensibilita elitaria perche conferiva alla parere un retrogusto tagliato, pressappoco anaffettivo.

Passano “solo” coppia anni prima del insolito – e nono – faccenda durante ateneo: le quattordici tracce di Utopia (One Little Indian, 2017) si inseriscono nel fenditura del antesignano (per spogliatoio di regia viene confermata Arca) pero lavorando sagace alla filigrana sul lato della compe razione entro chamber music e reparto avanzato digitale. Cominciato da premesse con l’aggiunta di serene (dichiara: “e il mio Tinder giornalino e parla dell’essere innamorati… …e passare del occasione insieme una persona cosicche ti piace ad qualsiasi livello e logicamente utopia“), con attuale ruota la musicista islandese riesce per ottenere un armonia immacolato e incantato (le sovrapposizioni vocali e i pattern sintetici riescono a non parere per niente orpelli, sbocciando che infiorescenze dal cosa proprio del tono), sorretto da melodie suadenti e ipnotiche in quanto hanno il abbandonato mancanza di stimare troppo funzionali allo stile bjorkiano, e cosi normalmente risapute, a volte sul luogo di incappare nel monotonia. Resta ciononostante un buon fatica, dalla macchinosita ben risolta a simpatia di trame luminose, che del residuo ben evidenzia assoluto Padalino sopra luogo di giudizio, se con le altre cose sostiene: “mai sovrabbondante, a adatto maniera delizioso, il sound di codesto disco ingresso per mezzo di lui l’annuncio di un originale mondo per venire”.

Anticipato dal unico The Gate, attraverso il cui videoclip Bjork ha indossato un mania veste in quanto ha richiesto 870 ore di prodotto in la sua attuazione (!), l’album e fatto da quattordici tracce affinche sembrano impegnate per indicare una peso contemporanea della musica da arredamento.

Lo identico parte bjorkiano denuncia unito trasferimento del baricentro con idea piuttosto preciso, spingendosi in un ambiente di recinzione tra artificiosita e astrazione.

Sembra come voler riesumare arie d’opera dal centro di un assito implicito, col rigoroso intento di rivolgendosi a una uditorio aleatoria, dispersa sopra un in altra parte immenso, una fondamenta (un collettivo, un gente) in quanto e comunque facile radunare (di tenero) d’intorno al camino di idee ataviche ravvivate da un carburante odierno.

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